Quante volte abbiamo ascoltato questa vecchia litania. Sembra di risentire le doglianze del Top management dell’Ilva, quando in nome della competitività e della tutela dei posti di lavoro evitava di fare gli investimenti che avrebbero reso gli stabilimenti più compatibili sul piano ambientale e sociale, salvo poi vederlo fare ai Commissari, senza nessuna perdita di occupazione ma semmai con qualche guadagno in meno per gli azionisti! Mi sono meravigliato nel vedere che non si coglieva la parte più interessante dell’innalzamento dei limiti alle emissioni. Una grande opportunità di rilancio degli investimenti e dell’ammodernamento di impianti e di patrimonio immobiliare che diversamente, senza imposizione dall’Europa resterebbero tali per anni a venire.

Poi, da profondo conoscitore delle dinamiche italiane, al sentire le grida di dolore degli imprenditori, mi sono detto “vediamo se per caso anche stavolta, non finisce tutta la polemica con la richiesta di qualche bell’incentivo ad hoc”. Sono passati alcuni giorni e arriva l’articolo intervista sul Corriere della Sera al Ministro dell’Ambiente, che, sarà pure giovane, sarà pure inesperto di legislazione ambientale, ma è uno serio e soprattutto smart, che ha il coraggio di affrontare i problemi. Orlando, con grande sagacia ha colto al volo la questione segnando, con opportuno pragmatismo, un punto a favore della riforma europea! La revisione dei target – dice – è una grande opportunità di investimento.

Riguardo ai grandi emettitori, invece, se a suo tempo avevano ricevuto quote gratuite di certificati tali da sollevarli dall’onere economico, vuol dire che anche stavolta faremo altrettanto, raddoppiandone il numero, così da rendere per loro tollerabile il peso del nuovo obiettivo da raggiungere! Grande Orlando! Schivato il siluro con classe e perspicacia! Ma il tema resta un altro: “è proprio sicuro che la soluzione sia sempre quella di scaricare sulle casse dello Stato, le incombenze economiche di Imprese Pubbliche o Private?”. Perche’ gli Industriali Italiani non riescono ancora a cogliere la portata epocale del cambio di passo in chiave green, che i Paesi locomotiva d’Europa indicano ormai da anni?

In effetti, in alcuni settori, sembriamo ancorati ad un modello industriale desueto dove, piuttosto che imboccare la via dell’ammodernamento degli impianti, e della innovazione in chiave di sostenibilità ambientale si preferisce la strada della piagnucolante invocazione degli aiuti di Stato, rinunciando ad accettare la vera sfida sulla competizione che si combatterà almeno in Europa, sull’innovazione di prodotti, di processi e di modelli di business! Sono persuaso che la ricerca di un reale cambiamento delle italiche malsane consuetudini, non passa sempre e soltanto per il rinnovamento della classe politica ma anche e soprattutto attraverso una nuova consapevolezza in termini di etica di Impresa che restituisca autorevolezza ad una intera classe dirigente e le consenta nel contempo di poter pretendere i mutamenti radicali di cui il Paese ha bisogno.